DOI: 10.5301/RU.2014.12354

Urologia 2014 ; 81 ( 2 ): 108-114

Original Article

Focus on

pcnl: cosa è cambiato Giampaolo Bianchi, Marco Rosa Department of Urology, University of Modena and Reggio Emilia, Modena - Italy

PCNL: what’s changed? Percutaneous nephrolithotomy (PCNL) is an endourological technique for the treatment of kidney stones. Its goal is their complete clearance via percutaneous access. The technique as we know it today was developed by Johansson and Fernstrom in 1976. They used the technological advances in percutaneous fluoroscopy of the time to obtain percutaneous access. Following the application of various sources of energy (including ultrasound) for the fragmentation of calculi, PCNL gained worldwide acclaim thanks to Alken and Marbergen in Europe and Segura and Clayman in the US. Although in the early 1980s PCNL lost the initial momentum in favor of shock wave lithotripsy, it had a revival in the 1990s as a result of the application of emerging technologies such as computed tomography, new percutaneous access techniques, flexible instrumentation, laser energy and, more recently, robotic surgery and virtual reality. All of these have contributed to steering PCNL towards mini-invasiveness, culminating in the development of microperc. Microperc allows the treatment of calculi as large as 2 cm, obtaining access under ultrasound, fluoroscopy and direct vision guidance. A complete system comprising micro-optics, laser fiber and irrigation is then inserted into a needle with a diameter of 4.85, 8 or 10 Fr. The Clinical Research Office of the Endourological Society (CROES) has made use of the logistic developments to create a global network and a multicenter database. The PCNL study, which was concluded in 2009, has led to the publication of as many as 27 scientific papers on the subject. Key words: Nephrolithiasis, Percutaneous nephrolithotripsy, New technologies, Minimally invasive techniques, Microperc Parole chiave: Nefrolitiasi, Nefrolitotrissia percutanea, Nuove tecnologie, Mini-invasività, Microperc Accepted: June 6, 2014

La nefrolitotrissia percutanea (percutaneous nephrolitotripsy – PCNL) è una tecnica chirurgica endourologica il cui obiettivo è di ottenere la bonifica di un rene affetto da malattia litiasica tramite un accesso percutaneo. Sebbene la tecnica così definita appaia semplice e intuitiva, essa cela un percorso chirurgico e tecnologico di almeno 70 anni; dico “almeno” in quanto l’incipit operativo può essere ricondotto al 1863, quando Thomas Hillier descrisse la creazione del primo tratto nefrostomico percutaneo. Hillier eseguì il drenaggio renale di un bambino di 108

4 anni, al quale aveva diagnosticato un’ostruzione congenita della via escretrice. In seguito all’esecuzione fra il 1863 e 1868 di multipli accessi nefrostomici allo scopo di creare una fistola pielo-cutanea permanente, il bambino non sopravvisse (1). L’niziale fallimento scoraggiò la comunità urologica che non prestò più molta attenzione a tale metodica fino agli anni ’40 del secolo successivo. Difatti Rupel e Brown nel 1941 effettuarono la prima asportazione di calcolo renale attraverso un tramite nefrostomico ottenuto chirurgicamente previo

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isolamento del rene interessato e pielolitotomia (2). Tale via chirurgica fu perseguita nel 1955 da Goodwin con la presentazione della prima serie di 16 pazienti con idronefrosi infetta trattati con il drenaggio della via escretrice superiore (3). Il primo vero salto in avanti, dopo tanti passi e qualche caduta, si ebbe nel 1976 grazie a Fernström e Johanson che sfruttando i progressi tecnologici in fluoroscopia dei decenni precedenti, descrissero la nuova tecnica di nefrostomia ottenuta sotto controllo radiologico con puntura percutanea ed estrazione dei calcoli renali (4). Come spesso accade nella storia, un cambiamento ne anticipa di nuovi. Difatti, l’anno seguente, siamo nel 1977, l’evoluzione tecnica ottenuta dagli studi applicativi inerenti diverse fonti di energia diede la possibilità di frammentare i calcoli di notevoli dimensioni. Kurth difatti utilizzò l’energia ad ultrasuoni per frammentare il calcolo tramite l’accesso percutaneo, estraendo successivamente frammenti così ottenuti (5). Come è avvenuto in passato, molte innovazioni rimangono per molto tempo in secondo piano e anche la nefrolitotrissia percutanea continuò a mantenersi come tecnica secondaria, riservata ai pazienti non idonei alla chirurgia “a cielo aperto” per il trattamento della calcolosi. Quest’ultima non poteva certo essere scalzata da un giorno all’altro dalla neonata tecnica percutanea; le basi tecnologiche e le fondamenta applicative erano state poste ma era mancata fino ad allora la personalità che potesse diffondere tutto questo su scala mondiale, sia a livello di comunità scientifica che di popolazione. In un’epoca in cui per certo il concetto di mini-invasività difficilmente si correlava a quello di chirurgia e cura delle malattie, l’esplosione mondiale della PCNL necessitava delle condizioni e soprattutto degli uomini giusti. E questo incastro si venne a trovare all’inizio degli anni ’80, quando la PCNL andò incontro ad una rapida evoluzione con la creazione di nefroscopi creati “ad hoc” con ampi canali di lavoro che sostituirono i cistoscopi fino ad allora utilizzati; da qui la metodica acquisì ampia popolarità, dapprima in Europa con i pionieristici lavori di Alken e Marbergen in Germania (6) (7) e Wickham e Kellet nel Regno Unito (8). A seguire avvenne il salto oltre oceano, negli Stati Uniti, grazie agli sviluppi del gruppo di Segura alla Mayo Clinic (9) e Clayman all’Università del Minnesota (10) Per quanto in questo momento la strada era stata tracciata e il futuro si prospettava brillante, non andò inizialmente così. Sempre nei primi anni ’80, una nuova stella si stava illu-

minando nel firmamento endourologico: la litotrissia extracorporea ad onde d’urto (extracorporeal shock waves lithotripsy – ESWL). Siamo nel 1980 a Monaco di Baviera quando Chaussy e i suoi collaboratori svilupparono per la Dornier, il primo litotritore per il trattamento dei calcoli renali (HM1) dopo uno studio durato 6 anni (11). Questo ha rappresentato una classica applicazione di studi militari e, nella fattispecie aereonautici (12), in campo medico e si può presumere che lo stesso sia accaduto per lo sviluppo delle fonti di energia dei litotritori endoscopici. Da quel momento, nonostante le innovazioni della giovane endourologia e la solidità della vecchia chirurgia “a cielo aperto”, queste vennero offuscate da quella che rimase ed è tuttora la prima linea di trattamento della calcolosi delle vie escretrici (13). Visto il fulmineo successo della litotrissia extracorporea, nulla sembrava al di fuori di essa poter incrinare la sua egemonia. Ma ben presto, negli anni ’90, emersero i limiti intrinseci legati al trattamento delle calcolosi complesse o allo stesso trattamento di calcoli ad elevata durezza (ossalato monoidrato o cistina) (14). Perciò la litotrissia extracorporea non apparve più come la panacea a tutti i mali della calcolosi ma solo come un’arma fra le tante a disposizione dell’urologo. Da questo momento la nefrolitotrissia percutanea godette di una seconda epoca d’oro, inserendosi nel percorso del trattamento della calcolosi insieme alla ESWL e all’ureterorenoscopia, rigida o flessibile. I miglioramenti nella pianificazione pre-operatoria sono giunti soprattutto nel campo radiologico della tomografia computerizzata, che offre precise informazioni riguardo l’anatomia del sistema pielocaliceale, in relazione anche alla posizione del calcolo, permettendo la ricostruzione di una visione tridimensionale del campo operatorio. Negli ultimi anni sono inoltre stati proposti diversi nomogrammi basati sui dati TC e sull’analisi statistica applicata tramite software informatici, quali lo S.T.O.N.E. e lo “staghorn morphometry” per definire al meglio e pianificare il tipo di accesso o il trattamento più idoneo per i calcoli renali (15) (16). Inoltre l’utilizzo della tecnologia “cone beam” che fonde la versalitità e la maneggevolezza del braccio “a C” radiologico con la definizione dell’immagine tomografica, permette di ottenere un migliore accesso percutaneo e un’immediata valutazione della clearance post-operatoria. Per ultimo ma non meno importante, vogliamo ricordare l’importanza della valutazione delle unità Hounsfield nell’iter decisionale di approccio alla calcolosi renale (17).

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I dati offerti dalla ricostruzione computerizzata di immagini hanno reso inoltre possibile l’ingresso nello scenario endourologico della robotica e della realtà virtuale. La prima, grazie agli avveniristici studi e ai primi modelli “PAKY”(Percutaneous Access to the KidneY) realizzati dall’Ing. Dan Stoianovici, presso i laboratori di “urobotica” (Johns Hopkins Medical Institutions) potrebbe portare all’ “allontanamento” del chirurgo dal campo operatorio per ridurre l’esposizione radiologica e migliorando grazie al robot la precisione della puntura (18). Il secondo scenario che è al centro dei recenti studi di Rassweiler ha invece inserito il chirurgo nella realtà magnificata delle ricostruzioni virtuali su supporti computerizzati di ultima generazione, quali l’i-Pad. Ricostruendo l’immagine TC acquisite sulle immagini reali è possibile eliminare nella puntura o nella navigazione, tutti gli artefatti o le limitazioni dati dalle tecniche convenzionali, quali ombre costali o visione in 2D. Inoltre sono stati anche proposti “tracker” elettromagnetici montati su cateterini ureterali che indicano sempre su ricostruzione informatica quale sia la via migliore per una precisa puntura e navigazione (19) (20). Non si deve assolutamente dimenticare inoltre che prima dell’applicazione della TC, che rimane tutt’oggi quasi esclusivamente riservata al momento pre-operatorio. Un grande passo in avanti si è ottenuto con l’utilizzo dell’ecografia per la puntura del rene, che giova di numerosi vantaggi rispetto alla puntura fluoroscopica pura in termini di riduzione dell’esposizione alle radiazioni, di valutazione di colon, fegato, milza e strutture vascolari (21). L’utilizzo dell’ecografo associato alla tradizionale puntura fluoroscopica ha apportato in questo modo il suo contributo alla causa della mini-invasività, così come le metodiche di dilatazione del tramite percutaneo. Dai sistemi iniziali introdotti negli anni ’80, i dilatatori metallici coassiali di Alken (22) e i dilatattori seriali in poliureterano di Amplatz, si passò all’utilizzo del sistema di dilatazione “a pallone”, che riducendo il trauma parenchimale legato alla posizionamento di più dilatatori, permette una dilatazione rapida e in un unico passaggio. L’idea alla base di ciò consiste nel fatto che il pallone porta all’applicazione di forza laterale e non angolare come nelle precedenti metodiche. La forza laterale è meno traumatica e comporta una riduzione del rischio di lesioni vascolari, legate anche al fine controllo del gonfiamento del pallone grazie alla siringa di LeVeen (23). Il tempo ha ampliato inoltre i possibili scenari nel posizionamento del paziente. Se la posizione prona rimane 110

la più utilizzata si sono affacciate parallelamente dalla metà degli anni ’80 altre variabili quali, fra le più applicate, la posizione supina e la Valdivia-Uria pura o modificata Galdakao, più una serie di posizioni intermedie. Queste ultime seppur rendono di più difficile esecuzione gli accessi multipli, offrono alcuni vantaggi quali la riduzione del tempo operatorio, la possibilità di eseguire l’ureterorenoscopia simultaneamente, la maggior facilità di evacuazione dei frammenti, una riduzione dell’incidenza di lesioni del colon e il miglior controllo delle vie aeree (24). Queste ulteriori posizioni si sono sì sviluppate nel tempo, ma non hanno mai trovato una loro reale collocazione. La posizione prona è rimasta sempre la preferita forse per questioni storiche o per la mancanza di dati e necessità che supportassero le altre. Ma ora, con la possibilità di applicare in contemporanea diverse tecniche endourologiche alla PCNL, quali ureterorenoscopia, che consente la puntura del calice sotto la visione diretta intrarenale, e il sempre più fine utilizzo delle metodiche diagnostiche nella pianificazione interventistica, si può realmente “tagliare su misura” il tipo di approccio al paziente. L’approccio combinato fu per la prima volta descritto da Grasso et al nel 1995 per il trattamento delle calcolosi complesse con sistemi collettori non dilatati e nei pazienti obesi non suscettibili di semplice procedura percutanea (25). In Italia nel 2008 Scoffone et al ha proposto la nuova idea di procedura combinata fra ureterorenoscopia e percutanea grazie all’utilizzo della posizione di Valdivia-Uria modificata Galdakao, evidenziando soprattutto nelle calcolosi complesse la bonifica completa in un’unica procedura (26). Lo stesso utilizzo dei nefroscopi flessibili nelle procedure di percutanea ha consentito di ottenere un’elevato tasso di bonifica, indipendentemente dalla posizione del paziente (27). Il nefroscopio rigido nel tempo è rimasto il più utilizzato per la visualizzazione del sistema intrarenale, ma nell’arco degli ultimi decenni, la tecnologia delle fibre ottiche ha consentito lo sviluppo di strumentario flessibile, aumentandone la maneggevolezza e le possibili applicazioni (28). Inoltre la riduzione della qualità di visione legata alle fibre ottiche è stata colmata con l’utilizzo di schermi con sistema ad “High Definition” (HD) e la tecnologia digitale. Il sistema HD, basato sul notevole incremento dei pixel di risoluzione associati a software di elaborazione, consente di migliorare la qualità delle immagini e quindi la resa operativa per il chirurgo tramite un sistema trasmissione/ricezione ad alta definizione. Lo sviluppo del digitale, che consente l’acquisizione delle

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immagini da un chip posizionato sulla punta dello strumento, permette l’aumento dell’angolo di deflessione e la riduzione del calibro dello strumento o l’ampliamento del canale di lavoro (29) (30). L’avvento del nefroscopio digitale Smith (Gyrus; ACMI, Southborough, MA, USA) e dei suoi successori abbinati ad un sistema HD ha consentito la magnificazione dell’immagine in termini di contrasto, colore e risoluzione (31). E queste possibilità si sono moltiplicate anche per quanto riguarda le fonti di energia utilizzate per la litotrissia. Nel 1955 a Kiev, Yutkin inventò la litotrissia elettroidraulica (32) che però non venne applicata fino al 1970 quando Rouvalis riportò il trattamento di calcolosi vescicale in 100 pazienti con l’Urat-1 EHL (33). Seppur tale energia trovò impiego anche nel trattamento della calcolosi ureterale, lo sviluppo delle fonti ultrasoniche, sempre negli stessi anni, ne hanno ridotto il ruolo, visto anche la sua scarsa sicurezza. Le sonde ultrasoniche vennerò per la prima volta utilizzate nel 1977 per il trattamento di calcolosi “a stampo”, grazie anche all’ampio diametro dei nefroscopi (5). Successivamente, negli anni ’90, in Svizzera venne sviluppata l’energia pneumatica (Swiss Lithoclast) che permetteva anche l’utilizzo nell’endoscopia flessibile, grazie alla sonde di minor calibro (0.8 – 2.5mm) (34). L’evoluzione di tale strumento ha permesso con il Lithoclast Ultra di combinare insieme l’energia pneumatica e ultrasonica con un sistema di aspirazione (35), strumento che si è dimostrato superiore in termini di efficienza di frammentazione e tempo operatorio (36). Passando dalla litotrissia balistica e ultrasuoni, la via in cui si è inserito l’utilizzo dell’energia laser riguarda la maneggevolezza, il controllo raffinato del settaggio e la possibilità di portare a termine procedure mini-invasive con la completa bonifica della litiasi. La tecnologia laser fu per la prima volta utilizzata nel 1968 (37) e da allora diverse tipologie si sono succedute. Dal neodinio: ittrio-alluminio-garnet (YAG) laser e l’alessandrite laser si è giunti al holmium: YAG laser (HoL) che è l’unico laser che frammenta i calcoli indipendentemente dalla loro composizione, divenendo la principale energia utilizzata per la litotrissia endoscopica. Grazie anche al diametro delle fibre (200-1000 micron) il laser mantiene intatta la capacità di deflessione degli strumenti flessibili (38). Inoltre l’energia laser consente tramite l’accurato cablaggio della frequenza e dell’intensità erogate di anche calcolosi di importanti dimensioni (>2cm) con la completa polverizzazione della stessa, rappresentando un’arma di eccezionale versatilità. Altre novità riguardano proprio

Fig. 1 - Sezione trasversale nefroscopio 12 Fr (a sinistra) e sistema “all-seeing needle” 4.85 Fr ( a destra), con rappresentazione del canale da lavoro/irrigazione (in bianco), ottica (in blu) e fibra laser (in rosso). Rapporto 1:1.

Fig. 2 - Aghi e camicie Microperc; da sinistra: 4.85, 10 e 8 Fr rispettivamente.

questi concetti. Lo “Stonebreaker” (Cook Medical) è un litotritore pneumatico a cartucce. Esso non necessità di cavi o supporti esterni a tutto quello che può essere portato in una mano, con caratteristiche di efficacia superiori alla fonti pneumatiche tuttora in uso (39). Da segnalare inoltre il “Cyberwand” (Olympus), che sfrutta l’effetto sinergico di due sonde ultrasoniche (40). Mai però si deve dimenticare che dietro al cambiamento si nasconde sempre e comunque la mano, o meglio dire, la mente dell’uomo. Per quanto finora detto, il progressivo, continuo e inesorabile miglioramento in termini di visione endoscopica ed energie applicate, ha comportato la riduzione del calibro degli strumenti. E’ proprio da qui che è partito un nuovo sviluppo in questo campo endourologico con l’utilizzo da prima in pediatria di mini nefroscopi e quindi di mini percutanee (Mi-

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Fig. 3 - Sistema completo Microperc con micro-ottica da 0.9mm (canale superiore), canale centrale per inserimento della fibra laser e irrigazione (canale inferiore).

ni-perc) con diametro di 11-15 Fr. Tale sviluppo si ebbe grazie a Jackman nel 1997 (41) e porto’ alla creazione nel 2001 del primo nefroscopio pediatrico dedicato di 12Fr ma il concetto fu ben presto applicato anche all’adulto e nel corso di 10 anni ha comportato la radicalizzazione a livelli “micro” dell’invasività: la Microperc (Fig.1). Nel 2011 infatti si è assistito, grazie ai lavori di Bader e Desai alla completa trasformazione, sullo sfondo della miniaturizzazione, delle principali componenti del sistema di trattamento percutaneo, non ammettendo tramiti di lavoro ampi oltre i 10 Fr. Il primo iniziò il percorso riportando la sua esperienza con l’utilizzo di una micro-ottica inserita nell’ago di puntura per confermare il corretto accesso percutaneo, mentre il secondo sviluppo il sistema per ottenere la puntura direttamente sotto il controllo visivo della micro-ottica. Un sistema per l’appunto definito “all-seeing needle”. Una volta ottenuto l’accesso, l’ago con un diametro di 4.85, 8 o 10 Fr (Fig.2), fungendo da camicia, permette l’inserimento e l’utilizzo di un sistema completo con micro-ottica flessibile da 0.9mm, una fibra laser da 200 mc e il sistema di irrigazione(42) (43) (Fig. 3). Successivamente tramite i lavori di Armagan, che propose una casistica di 30 pazienti (44) e Silay, che raccolse i dati di uno studio multicentrico in 19 bambini (45), la Microperc ottenne considerazione e attenzione nel mondo endourologico. Il crescente interesse si è dimostrato nel corso dell’ultimo congresso dell’American Urological Association (AUA) tenutosi ad Orlando (Florida, USA) dove il Prof. Giampaolo Bianchi ha presentato i risultati preliminari di una survey internazionale sulla Microperc che ha coinvolto 6 centri di 3 differenti nazioni (Italia, Spagna e 112

Germania). Tale survey è il primo report che raccoglie una casistica significativa e si pone come obiettivo, anche tramite il confronto fra diverse realtà, di indirizzare questa metodica verso il suo più corretto utilizzo nel puzzle della trattamento della calcolosi. Tutte queste nuove tecnologie e dispositivi introdotti nel corso degli anni, oltre ai fini strettamente connessi al trattamento della calcolosi, sono stati rivolti anche a migliorare la qualità di vita del paziente, in termini di riduzione del dolore post-operatorio e di un più pronto ritorno all’attività quotidiana. Ed in questo ambito che da quasi 20 anni si discute di concludere l’intervento di PCNL senza il posizionamento di un drenaggio (tubeless) (46). Tale possibilità seppur non ancora entrata nella pratica quotidiana, sta per certo ampliando i suoi orizzonti: effettuare la PCNL in regime ambulatoriale con una pronta dimissione nello stesso giorno dell’intervento forse inizia a non essere più un’utopia. Infine si vuole ricordare quanto oltre al lavoro strettamente applicativo, vi siano anche coloro che lavorano per la raccolta e la processazione di dati, connettendo vari gruppi di studio, di varie città e nazioni, perchè si possa portare avanti un cammino di collaborazione in sinergia. Il Clinical Research Office of Endourological Society (CROES), fondata nel 2008, si occupa proprio di questo, con la compilazione di database internazionali e la creazione di casistiche in cui rientrano migliaia di pazienti nel campo dell’endourologia e delle tecnologie emergenti. Da menzionare lo studio PCNL conclusosi nel 2009 e che ha portato alla pubblicazione fino ad ora di ben 27 lavori scientifici inerenti i più svariati aspetti di tale tecnica (47).

Riassunto La PCNL è una tecnica endourologica il cui obiettivo è di ottenere la bonifica di un rene affetto da malattia litiasica tramite un accesso percutaneo. Tale tecnica così come la conosciamo oggi venne sviluppata da Fernstrom e Johanson nel 1976 che utilizzarono i progressi tecnologici in fluoroscopia per ottenere il tramite percutaneo. In seguito all’applicazione di vari fonti di energia per la frantumazione dei calcoli quali gli ultrasuoni, avvenne la diffusione su scala mondiale della PCNL grazie a Alken, Marbergen in Europa, Segura e Clayman negli USA. Nonostante all’inizio degli anni ’80 la PCNL perse lo slancio iniziale a favore della SWL, negli anni ’90, essa

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rivisse una seconda epoca d’oro grazie all’applicazione delle tecnologie emergenti quali la tomografia assiale computerizzata, le tecniche di ottenimento del tramite percutaneo, la strumentazione flessibile, l’energia laser e più recentemente la chirurgia robotica e la realtà virtuale. Tutte queste contribuirono a portare la PCNL sulla strada della mini-invasività fino al ultimo sviluppo della Microperc. La Microperc permette il trattamento di calcoli anche di 2 cm tramite un acceso ottenuto sotto controllo ecografico, fluoroscopico e visione diretta. Un sistema completo comprensivo di micor-ottica, fibra laser e sistema di irrigazione viene poi inserito nello stesso ago del diametro di 4.85, 8 o 10 Fr. La CROES ha utilizzato gli sviluppi logistici creando un network globale e un database multicentrico. Nel 2009 si è concluso lo studio PCNL che ha portato alla realizzazione di ben 27 lavori scientifici sull’argomento.

Disclaimers

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Informed consent: The manuscript does not report the results of an experimental investigation on human subjects. Financial support: The Authors declare that they have received no sponsorship for the preparation of the article and for the conduct of the study. Conflict of interest: The authors have no proprietary interest with regard to this article.

Corresponding Author: Giampaolo Bianchi Full Professor of Urology University of Modena and Reggio Emilia Via del Pozzo 71 41124 Modena [email protected]

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[PCNL: what's changed?].

PCNL is a endourological technique for the treatment of kidney stones disease. It's aim is to achieve the complete clearance via a percutaneous access...
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